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18.2.15

Justified - Stagione 5


Justified - Season 5 (USA, 2014)
sviluppato da Graham Yost
con Timothy Olyphant, Walton Goggins, Joelle Carter, Nick Searcy, Jere Burns, Michael Rapaport, Alicia Witt, Amy Smart

Ci sono opere che crescono nel ricordo, sedimentano, finiscono per diventare qualcosa di ben più grande rispetto a ciò che ti erano parse mentre te le gustavi e ti riempiono un grosso spazio nel cuoricino. Ce ne sono invece altre che scivolano sempre più in basso ogni volta che ci ripensi, scavando un tunnel senza fondo. Ecco, magari esagero, ma la quinta stagione di Justified mi fa proprio questo effetto qui: già mentre la guardavo ero brutalmente perplesso, ma più ci ripenso e più son deluso da un'annata brutalmente al di sotto delle aspettative. Poi, certo, si può discutere delle aspettative, ma non è mica colpa mia se dopo quattro stagioni di livello altissimo, seppur con qualche alto e basso, mi aspetto meraviglie da una quinta che vede l'aggiunta di Michael Rapaport nel ruolo di antagonista principale. E sì che ho voluto crederci fino in fondo. Del resto, già la quarta annata non era partita nel migliore dei modi, ma aveva poi saputo riprendersi alla grande, regalando un crescendo che levati. Per cui, insomma, ci si sperava, tanto più che proprio in generale Justifed è sempre stato un diesel, che parte piano, ti assorbe e poi decolla.

E invece qui c'è proprio poco da salvare, in una stagione che sbaglia tutto lo sbagliabile, trova pochi motivi di redenzione e a conti fatti lascia addosso la sensazione di aver guardato tredici puntate di prologo per il conflitto finale che si scatenerà nell'annata conclusiva. Intendiamoci, qualche puntata di spessore c'è, gli attori, quando vengono chiamati al dunque, fanno un gran lavoro, Alicia Witt è una rossa da urlo e il crescendo finale è parecchio divertente, ma appunto: ogni volta che la serie torna ad ingranare, ogni attimo in cui tutto va al suo posto, viene sottolineato in maniera impietosa quanto non vada tutto il resto. E l'esempio forse più grande sta nell'improvvisa scarica elettrica portata da quella breve apparizione di Dickie Bennet, piazzata lì quasi a ricordare tutto quel che manca. Ad ogni modo, inutile girarci attorno, il problema è Ava: tutte le sue menate in prigione sono stupide, superflue, tragicamente dalle parti del ridicolo. Sembra di star davanti a una di quelle sottotrame intollerabili che si manifestavano in ogni singola stagione di 24 quando c'era bisogno di allungare il brodo per star dietro alla narrazione in tempo reale. Ava Crowder come Kim Bauer. E non è un complimento.

Il problema è che questo avviene in una serie che di puntate ne ha solo tredici e a discapito di mille altre cose più interessanti che si sarebbero potute fare. Nella quarta stagione si era dato maggior spazio ai colleghi di Raylan, con risultati eccellenti, e qui tornano in disparte. In diverse puntate si gettano lì spunti interessanti che poi vengono completamente dimenticati. La stessa famiglia Crowes, che teoricamente dovrebbe avere un ruolo di primo piano, è un enorme spreco di potenziale, con personaggi che non fanno praticamente nulla per la maggior parte del tempo nonostante il loro evidente mangiarsi tutto quando vengono lasciati liberi di agire. Insomma, il problema è che il potenziale c'era, lo si vede chiaramente in quei momenti che riescono a sfruttarlo, ma è stato sprecato in nome di scelte perlomeno discutibili. Poi, di nuovo, magari esagero, ma non ci posso fare niente: durante la visione ero tanto, tanto, tanto deluso e nel ricordo non ha fatto altro che peggiorarmi. Per altro, sarà un caso, è la prima stagione realizzata per intero dopo la morte di Elmore Leonard. Coincidenza? Io non credo.

Intanto leggo cose confortanti sui primi episodi della sesta stagione. Poi boh, vai a sapere, tanto io la guarderò fra un bel po'.

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