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12.1.12

The Book of Unwritten Tales


The Book of Unwritten Tales (King Art Games, 2011)
sviluppato da King Art Games

The Book of Unwritten Tales è, per dirla in poche parole, tutto quello che le avventure di Telltale Games, perlomeno quelle con cui ho avuto a che fare io, non sono in grado di essere. E lo è nonostante una natura da produzione indie, che emerge a tratti in certi elementi grafici un po' raffazzonati o fuori posto, in certe animazioni rivedibili, o anche solo nel fatto che per avere una versione in lingua universalmente intellegibile - la produzione è tedesca - ci sono voluti due anni. Già, perché il gioco di King Art è un'avventura grafica solida, ricca, scritta benissimo, dall'enigmistica ben congegnata e dalla direzione artistica che nonostante i suoi alti e bassi riesce a comunicare qualcosa e regalare uno spessore visivo del tutto assente nei miseri motori grafici e nella moscia ripetitività di Telltale. E coi paragoni la chiudo qua, perché è evidente che sono sbarellati dall'antipatia che ho sviluppato per quella gentaglia negli ultimi tempi.

In ogni caso, il gioco di King Art Games è un'avventura grafica in senso assolutamente classico, che non segue le vie dell'altra avventura indie del 2011 (Gemini Rue) e si limita a buttar fuori un racconto fantasy tutto giocato sull'autoconsapevolezza e sulle risate. Praticamente è lo Scream delle avventure grafiche, ma giostrato quasi sempre con gran gusto e un equilibrio perfetto, che riesce a spezzare continuamente il muro fra giocatore e giocato senza però rovinare l'atmosfera del racconto stesso. I riferimenti pop e gli "inside joke" sono continui, ma non diventano mai stantii e anzi aggiungono davvero una dimensione in più. E poi c'è quel personaggio esilarante, quello lì viola con gli occhi grossi sulla copertina, che si scatena nella parte finale e, sul serio, mi ha fatto ridere come un cretino davanti allo schermo per tutta la sua breve presenza.

La struttura enigmistica ripercorre i binari classici fatti di oggetti a tonnellate da combinare fra loro, puzzle contorti da risolvere - ma con soluzioni sempre piuttosto logiche - e tanta roba su cui spaccarsi il cervello. Niente pixel hunting, perché c'è un pratico tasto tramite cui evidenziare i punti d'interazione, ma un sacco di gameplay di quel tipo lì, duro, puro e senza molti compromessi, per convincere gli appassionati nostalgici e non provare nemmeno per sbaglio ad accalappiare chi ha poca affinità col genere. Inoltre è un gioco lungo. Troppo lungo, per quelli che sono i miei gusti, ma certo lungo a sufficienza da giustificare i soldi richiesti, che sono poi gli stessi che ci vogliono per una delle porcherie di Telltale, con la differenza che qui si hanno cinque episodi coerenti, dalla struttura solida e priva di riciclo, che raccontano un qualcosa dotato di inizio e fine, estremamente curato e divertente, dal doppiaggio incredibilmente azzeccato per accenti e interpretazione, ben scritto e assemblato, con un design grafico di prim'ordine. Insomma, davvero, su.

Il gioco lo si può comprare fiondandosi a questo indirizzo qui. Attualmente costa 24,99 euro, ma va pure detto che la ventina di ore di gameplay abbaiata non è, una volta tanto, campata per aria. Se si ritiene che siano troppi soldi, comunque, ci si può sempre mettere in agguato e aspettare uno sconto: io, a dicembre, l'ho pagato 19,99 euro. E se li merita tutti.

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